Che dire, mentre impazza la moda della secchiata d’acqua sul
web, a rendersi protagonisti di questi nuovi selfie sono anche i politici ed in
primis in questi giorni il premier Matteo Renzi, c’è chi invece oltre ad non
essere colpito dagli schizzi rimane con il portafoglio e non solo asciutto.
Come sempre molti cittadini sono caduti nella solita trappola
mediatica che nasconde dietro ad un’immagine o ad una piccola parentesi di
notorietà tutto quello che realmente sta accadendo nel nostro Paese. Ed è così
che mentre viaggiano a velocità della luce video di gente comune che si ‘tira
secchiate d’acqua’ per imitare i vip, gli stessi sembrano dimenticare la
tragedia di migliaia di imprenditori che si uccidono a causa della chiusura
della propria azienda o delle bollette e degli affitti che ancora devono
pagare.
Sarà pure un modo per rendere la vita meno difficile ma
sicuramente con quella secchiata d’acqua, né Renzi sta aiutando gli italiani in
modo concreto a far ripartire la nostra economia, né coloro che sulle spiagge o
in giardino con il catino in mano, terminato il proprio show, avranno risolto
il problema di arrivare a fine mese. Si tratta di una finta euforia creata ad
arte come sempre per cercare di sviare gli occhi e la mente dei cittadini su
quelli che sono i reali problemi della quotidianità.
Purtroppo in una società come la nostra dove l’apparenza sembra
essere messa al primo posto nella gerarchia dei valori, in pochi hanno
realmente riflettuto sul gesto di Renzi e di altri, che poco ha a che vedere
con la battaglia contro la Sla. In ultima analisi, chiedo a voi che nei selfie
e nei video vi siete bagnati: lo avete fatto pensando agli ammalati di Sla o
semplicemente per un vostro vezzo personale? In quanti hanno sottolineato il
motivo per il quale compivano quel gesto e in quanti hanno elencato cosa hanno
fatto concretamente per la Sla e la ricerca?
Perché i politici non hanno fotografato invece un bel assegno
in favore della Sla e lanciato un bella sfida a ‘chi dona di più in favore della
ricerca per combatterla’.
G.M.
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