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giovedì 12 giugno 2014

Più Politica - Mineo e la rivolta dei 13 senatori

Mineo Pd
La dittatura di Renzi al Nazareno inizia sempre più ad essere indigesta e rischia di portare ad una vera e propria lotta intestina che rischia di portare le sue conseguenze anche all'interno dello stesso governo.

La bomba in casa Pd è scoppiata dopo l’epurazione di Corradino Mineo, che non è più tra i membri del Pd in commissione Affari costituzionali del Senato, a causa di una sua grande colpa: non essere in accordo col pensiero di Renzi. La pietra dello scandalo sarebbero state le dichiarazioni di dissenso e di critica nei confronti delle riforme istituzionali di Renzi in particolar modo quella sul Senato. E se a decidere la sua esclusione si dice sia stato a larga maggioranza l'ufficio di presidenza del gruppo, certo è che in queste ore l’insurrezione la fa da padrone in via Nazareno.

Se il buon giorno si vede dal mattino, quella appena trascorsa per Renzi deve essere stata pessima, considerando che proprio in mattinata, dopo lo spiacevole avvenimento accaduto a Mineo ben tredici senatori del Partito Democratico hanno deciso di auto-sospendersi dal gruppo a Palazzo Madama, in segno di protesta appunto contro la sostituzione di Corradino Mineo e Vannino Chiti, non più tra i membri della commissione Affari costituzionali. 

E se si dice che i panni sporchi si lavano in casa, questo proprio non è stato il caso del Pd che addirittura in Aula per voce di Paolo Corsini ha chiesto in merito alla vicenda "un necessario e urgente chiarimento prima dell'assemblea di martedì 17 giugno", sostenendo che quanto successo viola l'articolo 67 della Costituzione e che si tratta di "un'epurazione delle idee considerate non ortodosse".

Certo è che dopo la rivolta all’interno del Pd e la tensione salita alle stelle a causa del mancato accordo interno su una posizione univoca per quanto riguarda la riforma del Senato, il rischio non è solo che Renzi venga deposto ma che con lui cada anche il governo.


G.M.

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